06 dicembre 2006

LA STAMPA LOCALE PARLA DI NOI ...........

L'ACCADEMIA DELLO ZIMINO AGLI ONORI DELLA CRONACA

Accademici iscritti, non iscritti, onorari, affiliati, riformati !!!!
E' in edicola il numero ZERO di un nuovo mensile dedicato a Sassari.
Si chiama LA VOCE DI SASSARI e, la verità si digghia inizia bene, dimostrando un vero spirito sassarese. Serio si, ma senza trascurare il nostro spirito cionfraiolo e la capacità di ridersi addosso di tutti noi.
Il numero in edicola dedica un ampio servizio all'Accademia e pubblica la vignetta qui riprodotta realizzata appositamente per loro dal nostro crescosotto.

Direi che possiamo nominare Accademici dello Zimino autore dell'articolo e Direttore.
Dopo che si saranno scelti il nome da Accademico comunicandocelo qui ......

Beh .... parabà ....
No feddi li "legna verdhi" e cumpareddivi LA VOCE DI SASSARI

ZIMINO LIBERO

10 commenti:

Anonimo ha detto...

SEMMU DI SASSARI E SEMMU LI PIU' FORTHI !!!!!!!!!

Anonimo ha detto...

Io mi aspettavo un trafiletto... questi hanno fatto un soppalco con 4 camere cucina e due bagni.
Azz......
Grazie.. adesso possiamo fare umbè di gommma

Anonimo ha detto...

Macché trafiletto! Avrei rotto così tanto per poche righe?!?!
IMPOSSIBBOLI!
Sono contenta che il risultato vi piaccia, mi raccomando non abbandonate "La Voce", anzi, dateci altre notizie sugose e continueremo a parlare di voi!
a videzzi

Anonimo ha detto...

Usciremo anche sul Corriere della sera !!!!!!!!!!!!
ZIMINO LIBERO !!!!!!!!!!!!!!!!!

Anonimo ha detto...

cari neo sostenitori del cannagguru vorrei che non ci si dimentichi dei pionieri del MLC(Movimento per la Liberalizzazione del Cannagguru)che subito dopo l'entrata in vigore del decreto ministeriale fatto per contenere l'epidemia scatenata dalla mucca "pazza" e che vietava la vendita (di lu preziosu)cosiddetto,si prese la briga di sensibilizzare l'opinione pubblica tramite comunicati stampa e "ultimatum "alla nazione ,tappezzando la Citta' di Sassari di manifesti a "lutto" che parafrasando le scritte presenti sui pacchetti di sigarette,inneggiavano alla rivoluzione all'inno "-O ZI TURREDDI LU CANNAGGURU O V'IFFASCEMMU LU CURU"."-HASTA LA GRABIGLIA SIEMPRE".Sotenendovi pienamente rivendichiamo la paternita' dell'iniziativa.

MarcoCar ha detto...

E' vero caro Comandante.
Tanto che in un nostro articolo compare la foto di un noto Vs. " necrologio".
Sono convinto che la precisazione è giusta. Quali figli devoti apettiamo con ansia l'investitura ufficiale di " Priziosi figliori di Cannaguru "
Anzi... è ora di ricostruire in un articolo con le famose gesta. Voglia scriverci un articolo. Noi volentieri lo pubblichiamo...

HASTA LA GRABIGLIA SIEMPRE

Minciacùru ha detto...

Ill.mo signor comandante del MLC(Movimento per la Liberalizzazione del Cannagguru)

Come le ha scritto il co-fondatore CRESCOSOTTO siamo d'accordissimo a ricordare e riconoscere la paternita' dell'iniziativa "pro zimino".
Dirò di più. Perchè non uniamo le forze ????
Voi ci avete messo il genio e i manifestini, noi la "tennica" del blog.
Scriveteci sulla mail ufficiale
accademicidellozimino@gmail.com
e scambiamoci un po di idee, foto e materiali. Ci impegniamo a diffondere sul blog i vostri contributi.
L'Accademia dello Zimino e il MLC lottano per lo stesso nobile intento.

HASTA LA GRABIGLIA !!!!!!!!!!!!

Anonimo ha detto...

A PROPOSITO DI ZIMINO, DOVETE SAPERE CHE A SASSARI NEGLI ANNI 30/40 ERA VIETATO MANGIARE ZIMINO IL VENERDI', PERCHE' ERA CLASIFFICATO A TUTTI GLI EFFETTI CARNE. POICHE' IL VENERDI' NON SI POTEVA, PER MOTIVI RELIGIOSI; LO ZIMINO SI VENDEVA SOLO IL VENERDI' GIORNO DI MACELLAZIONE,IL POPOLO DELLO ZIMINO INSORSE. l'ALLORA VESCOVO, MONSIGNOR MAZZOTTI FU IRRIDUCIBILE AL DIVIETO. QUINDI UN BUON PARROCO SI PRESE A CUORE IL PROBLEMA E RIUSCI' AD OTTENERE UN'UDIENZA DAL PAPA, IL QUALE SENTITE LE RAGIONI DEL POVERO E AFFAMATO POPOLO SASSARESE PER LO ZIMINO, CONCESSE UNA DISPENSA ACCHE' SI POTESSE MANGIARE LO ZIMINO ANCHE DI VENERDI'. SOLO LO ZIMINO NON LA CARNE, CON UNA MOTIVAZIONE CHE NON SI POTEVA INTERROMPERE UNA TRADIZIONE SECOLARE DELL'ALIMENTO CONTESTATO. TALE DISPENSA PERO', OBBLIGAVA COLORO CHE CONSUMAVANO TALE PIETANZA, L'INDOMANI RECARSI IN CHIESA PER CONFESSARSI E PENTIRSI DEL PECCATO COMMESSO.IL PROBLEMA FU RISOLTO IN PIENO, IN QUANTO LO STESSO PARROCO PROMOTORE, OGNI SABATO ORGANIZZAVA, DURANTE LA MESSA, UN'ASSOLUZIONE GENERALE PER CHI AVEVA MANGIATO LO ZIMINO E INVITAVA I FEDELI CHE ASSISTEVANO ALLA MESSA DI PREGARE PER LORO.SIAMO QUINDI ARRIVATI AI NOSTRI GIORNI, DOPO LA CONQUISTA DI UNA COSI' IMPORTANTE DISPENSA PAPALE, CI TROVIAMO DI FRONTE UN ALTRO DIVIETO CHE CI OPPRIME E CI AFFLIGGE CONTINUAMENTE, MANGIANDO LO ZIMINO DI NASCOSTO COME SE STESSIMO CONSUMANDO DROGA.
POVERI NOI.
E LA GRABIGLIA S'ISCHUNSORA SORU A PINSAVVI.

TINO

Anonimo ha detto...

PROFUMI, VOCI E RUMORI DELLA VECCHIA SASSARI

Quando la città di Sassari era ancora raccolta dentro la cerchia delle mura, e solo timidamente si affacciava appena oltre, con la sua bella piazza d’Italia, via Roma e l’emiciclo Garibaldi, conosceva di certo tempi migliori nella cultura, nella politica, nell’economia imprenditoriale; e i suoi abitanti vivevano, se non proprio agiatamente, avendo a disposizione quanto bastava per non essere assillati dai problemi che oggi, quotidianamente, si presentano. Da quel periodo in poi la città continuò a crescere e ad estendersi in tutte le direzioni: sorgevano i quartieri intorno a via Giorgio Asproni, al viale Dante, al viale Italia, quelli di Rizzeddu e di Porcellana e, dalla parte opposta, quello sul colle dei Cappuccini, per arrivare più tardi al popoloso rione di Monte Rosello. Da ragazzo ho conosciuto così la città. Provo a descriverla come la ricordo. I rumori delle autovetture erano rari, i mezzi motorizzati infatti erano pochissimi. Tanti invece erano i carretti a mano, le carrozze, i birocci e le famose tumbarelle da carico trainate da maestosi stalloni solitamente bianchi. Questi mezzi di trasporto avevano delle ruote che non erano gommate bensì dotate di un cerchio d’acciaio che rotolando sui lastricati e gli acciottolati provocava inconfondibili rumori, che si univano allo scalpiccio dei cavalli che con i loro zoccoli anch’essi ferrati completavano una “musica” non proprio melodiosa. A questa era da aggiungere lo schioccare della frusta dei carrettieri; e di sera si vedevano bene le scintille provocate dagli zoccoli dei cavalli che arrancavano sugli scoscesi basolati di granito. I rumori però non erano solo questi. Si facevano sentire anche i tanti frairaggi, i fabbri ferrai che forgiavano il ferro; una categoria molto rumorosa che però rendeva un grande servizio alla comunità sassarese con i suoi lavori di pregevole fattura quali mezze lune di portoni, inferriate di ogni genere, cancelli e cancellate che ancora oggi fanno bella mostra dove sono state conservate, senza parlare dei balconi quali ancora oggi si possono ammirare in via Rosello. Le attività produttive, soprattutto quelle artigianali ora scomparse, vivacizzavano una città non di certo sonnolenta. C’erano gli stagnini, i sellai ed i bottai con i relativi buccuritadori (boccolatori), che costruivano delle guarnizioni in acciaio per le aperture di li mizzini (botticelle da 25 litri), ben note in città perché, prima che entrasse in funzione l’acquedotto, erano state usate per secoli da li carradori, gli acquaioli che con i loro asinelli trasportavano e distribuivano l’acqua in città, attingendola alla fontana del Rosello o a quella delle Conce. Proseguendo a ricordare i rumori della Sassari di un tempo, aggiungiamo quelli che provenivano dai luoghi dove si praticava l’industria, perché Sassari, anche se oggi non sembra vero, aveva molte attività a livello industriale: prime fra tutte le concerie, dalle quali hanno preso il nome la via ed il rione delle Conce; quindi la manifattura dei tabacchi, che si trovava in via Torretonda, dove adesso c’è il Monopolio di Stato; tanti mulini per macinare cereali di ogni tipo con relativa produzione di mangimi vari; moltissimi frantoi per la macina delle olive e la produzione dell’olio; vari pastifici e una fabbrica di candele ed un saponificio. Lasciamo ora i rumori e parliamo dei profumi: un’altra caratteristica della città che regalava essenze in base alle stagioni o alle vie che si percorrevano. Ad esempio a settembre, quando si raccoglievano le mele miali e appiu. Chi ne possedeva degli alberi, prima che qualcuno le potesse rubare (e già, perché allora si rubava la frutta!), le coglieva e le portava in città, ponendole in canestri o, addirittura, poggiate e ben messe in fila sulla credenza o su altri mobili, anche sull’armadio della camera da letto, chiamato all’epoca armoà, alla francese. La fragranza naturale di queste ottime mele profumava la città. Ad ottobre invece, era un acre odore di mosto a invadere le vie dove abitavano i vignaioli che, dopo la vendemmia, spremevano le uve in campagna e poi portavano il mosto in città e lo versavano in grandi botti delle loro cantine dove lo lasciavano fermentare fino a quando diventava vino. A San Martino, infine, l’apertura delle botti e la mostra dell’edera fuori dei magazzini per far capire a chi passava che il vino era pronto. Pronto da bere ma anche e soprattutto da acquistare, perché così si usava fra i produttori: venderlo sia a bicchieri che a bottiglie e a damigiane. In tal modo si recuperavano presto le spese per il lavoro di un anno nella vigna; in più di un caso questo era il sostentamento principale di molte famiglie che, sommando il ricavato di altri prodotti della campagna, il più delle volte ortaggi e frutta, raggiungevano un buon reddito. Sassari era chiamata infatti zappadorina, urthurana e vignatera per indicare le attività svolte dalla maggior parte delle famiglie del popolo. D’inverno il profumo più avvertito era quello dell’arancia e del mandarino, particolarmente quando si gettava la scorza sul fuoco del braciere per affievolire l’odore emanato dal carbone nella prima fase dell’accensione. Altri profumi caratteristici e, per me, tento buoni, quelli del pane appena sfornato dai tanti panifici esistenti. Le pasticcerie non erano da meno: il profumo delle paste e degli altri dolci ti facevano trovare il laboratorio “a naso”!Adesso c’è qualcuno che si lamenta perché questo profumo disturba. Mah!
Il profumo tradizionalmente più caratteristico di Sassari era tuttavia quello dello zimino arrosto in graticola. Un tempo si vendeva solo di venerdì, perché era giornata di macellazione e quindi nelle macellerie, per prima cosa, si vendevano le frattaglie, mentre lo smercio della carne era rimandato al sabato e alla domenica mattina. Quando i lavoratori, la sera del venerdì, ritiravano il salario, era abitudine che comprassero lo zimino per cena. Era raro, infatti, nei rioni popolari, non vedere quella sera il braciere e la grabiglia fuori della porta, con le varie parti dello zimino che mentre arrostivano producevano quel profumo tanto caratteristico e stuzzicante che faceva venire l’acquolina in bocca ai passanti. Ricordiamo ora le voci della Sassari di un tempo: innanzitutto quelle dei bambini che giocavano spensierati per le strade, senza correre alcun pericolo, almeno per quanto riguardava le automobili, allora rarissime. Un vociare che nei mesi estivi durava dal mattino alla sera: voci gioiose di bimbi che si divertivano con niente: bastavano la cirimella, il gioco delle quattro cantonate, lunamonta, bacchetta a mamma. Altre voci caratteristiche, e rimaste nella memoria, quelle dei venditori ambulanti che già dal mattino presto giravano per la città vendendo le loro merci: il loro vociare era tradizionale e già da lontano si riconoscevano per la cadenza ed il timbro della voce. Erano tanti ed ognuno aveva un suo prodotto: i fichi d’India, il mizzuraddu, l’aglio, le lumache, l’olio, i fichi, gli asparagi, le bietole, i fiori, le scope (queste portate dai sennoresi e dai bosani), gli utensili di legno per la cucina ecc. Altri invece proponevano riparazioni in casa, ad esempio vi erano degli accunzadori che si occupavano dei parapioggia, dei vasi di terracotta, dei recipienti e delle statue in gesso; alcuni erano capaci di costruire in quattro e quattr’otto un aggeggio (lu barracuru) che serviva per stendere i panni sul braciere. Altri proponevano riparazioni idrauliche e saldature di recipienti di metallo. Le voci degli ambulanti, quindi, erano puntuali ma anche opportune perché proponevano servizi casa per casa, agevolando il cliente e facendo risparmiare anche sul prezzo. Le voci, poi, dei venditori del Mercato civico, soprattutto quelli del pesce, completavano questa grande vivacità di una città e del suo chiassoso mondo commerciale. Il vociare incrociato dei pescivendoli sfiorava spesso la rissa, e qualche volta non era finta. Il cliente veniva preso a voci e sgridato quando si avvicinava al bancone di un concorrente, del quale si disprezzava il prodotto definendolo puzzinosu. Alle voci si accompagnava qualche volta il lancio di un pesce, tanto per scherzare e suscitare l’ilarità nei clienti presenti che amavano questo modo di fare anche perché a volte provocava la diminuzione del prezzo di quella merce volante. Facciamo sfumare le voci, i rumori, i profumi di una Sassari che pare scomparsa e lasciamo spazio al suono delle campane delle chiese e delle parrocchie che allora riusciva a riunire i sassaresi in un abbraccio di fede e di ringraziamento per la giornata trascorsa all’insegna di un ritmo di vita più umano, in una Sassari che non potrà mai essere dimenticata.

Tino Grindi
Via Muroni, 5
Sassari
Tel. 3474271051

Anonimo ha detto...

Pesciu a barri

I l’Ariera hani invintaddu
Un loggu nobu pa magnà
Ittiturismu l’hani ciamaddu
Si magna soru pesciu a vuruntà.

L’innommu è pesciu a barri
Funtumaddu prima zia Maria
Indì si magnaba soru carri
Di cani e giatti cassisìa.

Lu menù é a presgiu fissu
Cumpresu vinu caffè e licori
Vintizincu €uro tuttu cumpresu
E poi isthà pusaddu ori e ori.

Nisciunu ti zi manda,
ischuminzani cu l’antipasthi
no debi fa nisciuna cumanda
ma laga un loggareddu a parthi.

Li purthaddi sò a piattoni:
pastha, risu, gambari e frittura,
cozzi, arselli, cioccura e bucconi,
no si fazi zerthu brutta figura.

Li pietanzi sò tutti gusthosi
Cundiddi bè e priribaddi,
li padroni so divintendi barrosi
aisetta candu ischuminzani li baddi.

Lu baddu di lu pesciu a barri
Da cabbu d’annu a carrasciari
Di femmini ti n’assacarri
E durarà tuttu l’isthiu foramari.

Cussì ischuminza l’isthoria
Di magnà pesciu in campagna
Vizinu a mari i l’Ariera
A occi a Barcellona d’Ipagna.

Auguri a li padroni imprindidori
Cun saruddu a li crienti nobi
Inogghi si magna pesciu a tutti l’ori
nienti carri, né jaddini e nè obi.


Tino